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al testo di Federico Zucchi
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Il canto del nome
Dopo tutto, un nome non è molto. I merli che scorgo al mattino ne fanno volentieri a meno e anche i gatti che saettano dietro la stalla in disuso sfrecciano lievi senza il retaggio di una missione. L’erba non battezza i suoi fiori i millepiedi si spostano furtivi come fuggiaschi nella boscaglia. Tutto risuona senza violare l’anonimato di ogni minimo essere. Passiamo come ali di libellula sopra un lago a mezza estate e l'orma che lasciamo è una lince di silenzio addensata all'infinito. Ma gli amanti se ne fregano e continuano a chiamarsi dai letti disfatti dei giorni. Sanno di essere irripetibili e s'impastano a vicenda come i primi ceramisti. Dopo tutto un nome è un tubare di colombe nel torpore meridiano ma è quello che siamo è quello che pronunciamo sulla soglia delle lacrime quando un nostro caro ci svanisce tra le mani, è l'estrema aderenza amorosa - il canto di una voce che la piena non assorbe. |
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